Post-Cypher Manifesto

Lo scenario globale

A quasi due decenni dalla creazione del protocollo Bitcoin, il mondo è cambiato, e porge caratteristiche dinamiche ormai evidenti che non possono più essere accolte passivamente dalla comunità, attendendo una prossima, gratuita e illuminata svolta spontanea. Inutile affidarsi a generiche illusioni: tale svolta non solo non arriverà, ma addirittura verrà sostituita da svolte reazionarie sempre più potenti e organizzate, che già si stanno facendo sentire.

La rivoluzione innescata da Satoshi Nakamoto con la pubblicazione del suo noto “protocollo di creazione denaro decentralizzato P2P” ha trasformato, prima in sordina, poi con crescente virulenza e successo (con riconoscimento anche da parte dei suoi peggiori detrattori iniziali), ogni settore avente a che fare con finanza, innovazione e transazioni economiche, con un riconoscimento a tutti gli effetti del “satoshi” come “oro digitale”, sia dal punto di vista valoriale che operativo.

Tuttavia tale rivoluzione, che nella pratica si è appunto risolta nella “trasformazione” di cui sopra, risulta non solo parziale, ma anche, di fatto, minata da dinamiche strettamente connesse all’impatto di Bitcoin sull’assetto politico, economico e sociale pregresso. In altre parole, tutto un mondo precostituito si è reso conto della minaccia potenziale al proprio status, e ha intrapreso chiarissime manovre controrivoluzionarie per controllare, sopprimere, censurare, boicottare e in ultima istanza colpire questa tecnologia con la forza della sorridente propaganda di regime ampiamente supportata dalle genuflesse forze mediatiche mainstream.

Bitcoin è inattaccabile, incensurabile, invincibile? Per certi versi sì. Ma è anche vero che, se risulta oggettivamente complicato bloccare Bitcoin, molto più semplice è rendere difficile la vita dei bitcoiner.

Non si tratta di essere devoti alle teorie del complotto per rendersi conto di questo. Noi non lo siamo. Al contrario, crediamo nella scienza, nella ragione, nel buonsenso, e ci rendiamo banalmente conto di quanto le forze che dirigono occultamente le nostre esistenze siano tutt’altro che animate da ragione, intelletto e appunto buonsenso.

Il controllo imperialistico ad opera della moneta stampata ad libitum dalle banche centrali, i diritti acquisiti del lobbysmo finanziario e del potere economico multinazionale come unico beneficiario finale del globalismo, la connivenza politica eterodiretta gestita da entità sempre più opache, ambigue, sovraordinate e avulse da ogni legittima sovranità nazionale e locale, il continuo stato di guerra e crisi planetaria, l’avanzata di economie largamente in grado di minacciare il monopolismo sia economico che monetario degli Stati Uniti (India, Cina e Russia in primis), nonché un generale e diffuso sistema della sorveglianza poliziesca volto non già alla tutela del debole, ma alla protezione indiretta degli interessi del forte, sono gli ingredienti di una controrivoluzione che già oggi rischia di vanificare, ovvero rettificare drasticamente, l’impatto sociale ed economico descritto dai primi intelletti cypherpunk, innegabile base ideologica e operativa alle radici della creazione di Bitcoin.

Nello specifico, l’uso del satoshi risulta oggi confinato pesantemente nel collezionismo privato, facente leva sulla sua funzione di riserva di valore per una difesa personale dagli effetti dell’inflazione strutturale dovuta all’ormai decennale assenza di un regime di gold standard. Tale dinamica, di certo positiva, oltre che come ovvio più che legittima e del tutto in linea con le caratteristiche intrinseche di Bitcoin, appare tuttavia fortemente fuorviante nell’ottica fondamentale di una “moneta Bitcoin”, ossia di uno strumento per l’uso attivo che lo preveda non solo come riserva, ma anche come unità di conto e soprattutto mezzo di scambio.

Le singole iniziative sporadiche e puntuali disseminate a livello planetario, dall’accettazione del satoshi in esercizi commerciali di varia natura al corso legale in El Salvador, passando per iniziative come il luganese Plan B e progetti di sviluppo a base di mining ecofriendly, sono certamente interessanti e proficue sul piano educativo e divulgativo, ma restano confinate entro un profilo di utilità del tutto autoreferenziale, spesso residuale e blando sul piano strettamente economico, oltre che limitato e per molti versi da ridimensionare. Resta infatti la problematica generale di un’adozione che non supera la soglia critica della bidirezionalità, ovvero dell’impiego effettivamente monetario tale da vivificare vere e proprie economie organizzate e moderne.

La ragione di tale dinamica è legata certamente a una fitta e organizzata campagna planetaria di disinformazione sull’argomento, che funge da onnipresente cortina fumogena e ostacolo all’alfabetizzazione di massa, e dunque al raggiungimento di un effetto network sufficientemente corposo e orizzontale. In altre parole, Bitcoin viene o sostanzialmente ignorato, o descritto malamente. Ma nella sua componente più aspra e organizzata tale propaganda avversa si avvale di normative sempre più stringenti, poliziesche, violente e coercitive, volte a ridurre pesantemente l’uso di Bitcoin come moneta, a controllarne la diffusione, a privilegiare il suo impiego come mezzo di capitalizzazione di soggetti già capitalizzati, e in definitiva a porre in atto i termini di una vanificazione del progetto originario, nel nome di una sostanziale censura.

La scusa di tale controrivoluzione rimane, come sempre peraltro, quella della sicurezza, del contrasto a dinamiche antisociali e criminali quali riciclaggio e terrorismo internazionale, della tutela dei risparmiatori da investimenti ritenuti pericolosi, e altre tipiche coperture pretestuose che il sistema politico-economico, grazie all’alleanza coi media mainstream, utilizza per difendere sé stesso e continuare a fare affari indisturbato, foraggiando banche, consulenti finanziari e altri agenti dell’economia tossica basata su debiti e cartamoneta.

In realtà già dai primi passi del protocollo Bitcoin ci si doveva rendere conto di quanto la sua entrata in scena avrebbe necessariamente costituito, negli anni, non già l’equivalente metaforico di una miccia accesa come preludio al cambiamento globale di paradigma, ma la componente di un sistema necessariamente “ibrido” e interno al pregresso mondo della fiat money.

In altre parole, dovremmo tutti porci più lucidamente e consapevolmente al cospetto di una topologia economica reale, molto vicina alla metafora di un arcipelago di isole non euclidee nell’oceano della finanza euclidea. Un ecosistema che ormai non può più essere lasciato a sé stesso, ai sorrisi nelle convention di appassionati, all’attività di startup destinate ora a crollare, ora a piegarsi alla censura imposta dal potere, oppure al generico auspicio di un’adozione che mai arriverà.

Verso il manifesto

Giunti fino a qui, i firmatari morali e operativi del presente manifesto intendono scrollarsi di dosso ogni velleità utopistica e ingenuità da marketing spicciolo, optando non già per una sterile attesa, ma per un’azione congiunta, intelligente, coordinata e soprattutto invisibile ai goffi radar del potere costituito. Gli strumenti per farlo ci sono già, e sono perfettamente testati per gestire la concretezza del presente, e non il nebuloso futuro minacciato dagli artigli del sistema.

Lo scenario globale parla ormai una lingua chiara, le cui fattispecie risultano sotto gli occhi di chiunque abbia facoltà di vedere.

Molti liberi cittadini che sviluppano software libero sono stati perseguitati fino all’arresto, logicamente senza processi regolari o evidenze di reato, solo per aver immesso nel mercato wallet crittografici a tutela della privacy e dell’anonimato. Tale caccia alle streghe ha colpito e continua a colpire nomenclature ormai note a tutti noi.

La legislazione europea e statunitense, ovvero quella più intimamente legata al dominio del dollaro, in materia di libero acquisto di satoshi sta imponendo standard sempre più intollerabili di controllo verso un settore che per definizione nasceva come opposizione a ogni coercizione in tema di libero scambio.

La libera impresa che intenda operare dal basso, e umilmente, nei settori della finanza non euclidea a base Bitcoin è osteggiata in ogni modo, attraverso imposizioni, obblighi artefatti, dichiarazioni, burocrazie che intendono solo a scoraggiare e imporre chiusure anticipate. La presenza di avanguardie territoriali esterne dotate di legislazioni più amichevoli non è assolutamente una garanzia, visto che questi stessi territori, comunque appannaggio di strette minoranze in grado di trasferirsi e sottostare ai rispettivi protocolli, rigidi e comunque lussuosi, essi stessi espressione di un controllo ben oltre la tutela delle normative territoriali, stanno comunque seguendo la via di un sostanziale adeguamento a quanto richiesto dal sistema.

Di contro, è evidente che il sistema economico sotteso dall’idea di “Bitcoin standard” non può assolutamente risultare miscibile con un parallelo sistema d’impresa quale quello vigente, dominato da monopolisti, cartelli, associazioni di categoria autoreferenziali e asservite a nomenclature detentrici di ricchezze ormai secolari. Con una verità che ormai appare evidente e innegabile, per quanto difficile da immaginare: le attività produttive all’interno di un sistema decentralizzato sono tutte da inventare, e possono essere gestite solo in uno scenario parimenti peer-to-peer, basato sulla fiducia e non sul ricatto. L’idea di spalmare questo paradigma sull’economia attuale, aspettandosi una magica rigenerazione, è pura follia. Troppe variabili dovrebbero essere radicalmente riformate: stipendi, contributi, sistemi contabili, consuetudini, rapporti con uffici e istituzioni. Insomma, si tratta di un generico miraggio portato avanti più dal marketing centralizzato di exchange e operatori che da chi Bitcoin lo ha capito profondamente e intimamente.

Il sistema politico nella sua accezione generale, per quanto partecipato da schiaccianti minoranze animate da intendimenti che possono essere anche giudicati sinceri e nobili, è ormai totalmente e tristemente scorporato dagli interessi dei cittadini del mondo, e nel complesso si limita a controfirmare più o meno palesemente gli ordini impartiti dall’alto. Di fatto, ogni intendimento di effettiva redistribuzione della ricchezza, o di giustizia sociale, o di creazione di un mercato effettivamente ugualitario, libero e aperto, risulta essere, oltre che inefficace, rappresentato da briciole rispetto alle risorse stanziate per ingrassare i già obesi detentori del reale potere: dalle armi alla chimica, dal cibo alle materie prime, dai servizi ai media.

I firmatari morali e operativi del presente manifesto ritengono invece che l’azione per aprire la strada al reale e completo utilizzo di Bitcoin debba essere intrapresa “qui ed ora”, e a fronte di tale fermo e convinto intendimento hanno già sviluppato un sistema in grado di aggirare in una “zona permanentemente autonoma” tutte le misure che il potere mette in atto, e metterà sempre più in atto, per distruggere ogni forma di reale autonomia ed effettiva libertà.

Come speriamo ovvio, i contenuti analitici di tale nuovo paradigma non possono essere espressi in un manifesto pubblico, visto che la sola pubblicazione dei medesimi, in quanto tale, andrebbe a consegnare nelle mani del nemico gli strumenti del tutto innovativi che intendiamo estendere all’interno di un ambiente relazionale protetto e tutelato da aggressioni esterne.

Noi riteniamo che, per battere il potere, serva soprattutto rendersi da esso indipendenti, più che frontalmente antagonisti, attraverso un processo di emancipazione che può solo passare attraverso la costruzione di una comunità coesa, appunto protetta e basata su ciò che il potere detesta: la già citata fiducia, cardine imprescindibile di ogni sistema che preveda l’assenza di intermediari nel rapporto economico tra individui.

I membri della comunione sottesa dal presente manifesto giurano quindi conseguente e assoluta fedeltà a chiunque si ritrovi in esso, ovvero a chiunque, facendone parte, metta in pratica conformemente alle proprie possibilità materiali e intellettuali i dettami in esso contenuti.

La comunione del Post Cypher Manifesto condivide quindi la necessità di “proteggere” tutti i suoi accoliti attraverso il vincolo di riservatezza, mettendo a disposizione risorse e procedure volte solo a implementare tale protezione attraverso prassi sicure, ampiamente sperimentate, di volta in volta implementate attraverso strutture del tutto conformi al mondo economico “euclideo”, ma volte a veicolare prassi “non euclidee” che siano banalmente conformi allo spirito e agli intendimenti originari di Satoshi Nakamoto.

I firmatari morali e operativi del presente manifesto condividono il concetto secondo il quale una generica “disobbedienza civile” altro non è che un inefficace e dannoso atteggiamento di sfida, che si traduce nella sterile e inconcludente lotta di formiche contro pachidermi. Molto più utile, invece, è creare una comunità chiusa e appunto auto-tutelata, che utilizzi strumenti del tutto alternativi per mettere in pratica le prassi proprie di una vera economia decentralizzata.

Nessuno dei firmatari morali e operativi del Post Cypher Manifesto intende porre il medesimo come bandiera politica contro logiche e funzionamenti ormai acquisiti nelle società nazionali. Noi riteniamo che le leggi di ciascuna giurisdizione nella quale ci si trova vadano tendenzialmente rispettate, oppure anche disobbedite, ma sempre nella logica di una presa d’atto personale, responsabile di ciò che si sta facendo, e nel contempo del tutto consapevole dei rischi a cui si andrà incontro. Noi riteniamo infatti che il mondo orbitante attorno alla fiat money sia appannaggio del singolo, e della sua morale personale, che nessuno di noi intende scalfire, se non nel caso di tutelare i firmatari del presente manifesto.

Ciò che invece affermiamo è che oggi esiste anche un mondo parallelo, quello della cosiddetta finanza decentralizzata, e della relativa moneta che noi identifichiamo nel satoshi, che non può e non deve sottostare alle regole di quella centralizzata, pena la vanificazione di ogni intendimento originario alla base di Bitcoin.

Nel campo della moneta classica, seguiamo, più o meno riluttanti, le regole che ci vengono dettate dalla stessa, esattamente come ci adeguiamo a un sistema politico e sociale che di certo non potrà essere riformato da noi. Ma nel momento in cui passiamo a Bitcoin riteniamo che tali regole non siano né eticamente né formalmente valide, e quindi ci sentiamo nel pieno diritto morale di allestire meccanismi efficaci per rendere altrettanto attuale e operativa la rivoluzione di cui parliamo.

Essendo che, gioco forza, nel nostro presente i soli mezzi per acquisire satoshi, ovvero per detenerli o utilizzarli nel medio o lungo periodo, è costituito solo in minima parte dal guadagno diretto, e in larghissima misura da processi di acquisto attraverso cambio da moneta nazionale a corso legale, l’impegno dei firmatari si concentra evidentemente su tale fase estremamente critica, oggi contaminata da presidi come il sempre più capillare KYC (Know Your Customer) e le parallele prassi di AML (Anti Money Laudering).

Ma non siamo, come detto, al cospetto di meccanismi volti alla sicurezza e alla tutela dei cittadini. Questi sistemi ancora una volta altro non sono che grimaldelli occulti per veicolare una politica di controllo, e soprattutto di disincentivo di ogni dinamica “fiduciaria” presente su un piano medio-basso della piramide sociale ed economica.

L’ormai aspra polarizzazione politica, animata da personaggi che rinunciano ad ogni dignità per mettere in scena squallidi teatrini di parte che chiunque abbia buonsenso non può ignorare, come se nel mondo fosse o tutto bianco o tutto nero, sono l’eloquente dimostrazione di quanto le alte sfere vogliano incentivare una politica che parla del nulla, ossia un popolo diviso, nemico del vicino, sospettoso, arrabbiato, e soprattutto disposto a barattare il suo voto con illusioni di cambiamento, o peggio di un ritorno economico a base di corruzione, malaffare e particolarismo che gli vengono proposti con la promessa di innalzare il suo tenore di vita.

Ebbene, il nostro umile ma convinto intendimento è costituire un insieme di persone disposte a mettere le proprie potenzialità e risorse al servizio di una rivoluzione, quella appunto di Bitcoin, che senza di noi può solo rimanere parziale, ibrida e in definitiva inutile.

Per avere informazioni dettagliate sulle strutture messe già in rete dal presente manifesto, chiediamo al lettore e potenziale sottoscrittore una prima richiesta al seguente indirizzo di posta elettronica.

Come ovvio, il procedimento di inserimento nel nostro gruppo prevede delle fasi successive di conoscenza e informazione reciproca, al fine di garantire sicurezza e anonimato verso l’esterno sia a noi che al bussante.

Il referente che risponderà non ha alcun interesse ad avere notizie sensibili circa l’aspirante firmatario. Le poche informazioni di cui però abbiamo bisogno dobbiamo vagliarle “nello spirito di Satoshi Nakamoto”, ossia lungo un processo di conoscenza che necessariamente deve passare attraverso una fiducia umana, da ottenere per passi successivi.

L’idea è quella di avviare un rapporto che possa consolidarsi nel tempo, sulla base di azioni reciproche che andranno a comprovare la nostra assoluta trasparenza interna, e un reciproco comportamento da parte del novizio, che progressivamente entrerà a far parte del nostro gruppo.

Per tutto il resto, Bitcoin fixes this…

cypherkaplan@proton.me